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Il furto della gioconda

Il furto della gioconda – (2005)

Era domenica notte, il giorno seguente il Louvre sarebbe rimasto chiuso e l’imbianchino Peruggia dormiva sereno nel ripostiglio in attesa che arrivassero le sette del mattino quando, allentatasi la sorveglianza, tolse con facilità il dipinto dalla cornice e se lo infilò sotto il cappotto. Era stato lui stesso a inserirlo nella teca tempo prima e sapeva come agire.

Poi con tutta calma si diresse verso l’uscita e chiese aiuto ad un idraulico perché gli aprisse il portone. In un baleno fu così su Rue de Rivoli e poco dopo in un comodo taxi. Erano le 8,30 del mattino. Le uniche misure di sicurezza allora consistevano nell’addestramento delle guardie al judo. E il furto dal Louvre rappresentava un’assoluta novità. Le ricerche, infatti, furono lente e condotte con difficoltà.

Perruggia tenne con sè il dipinto per quasi due anni e mezzo, cercando poi di rivenderlo all’antiquario fiorentino Alfredo Geri. Ma proprio in quell’occasione fu arrestato. Il ladro sostenne sempre di aver rubato il quadro di Leonardo solo per restituirlo all’Italia. Anzi, “per restituire il frutto dei saccheggi napoleonici”, arrivò a dire l’uomo. Ma l’imbianchino italiano non sapeva che la Gioconda è da sempre, e a pieno diritto, francese, essendo stata venduta per 4mila ducati a Francesco I dallo stesso Leonardo Da Vinci.

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